Parigi, attentato, # come se piovesse. Ma di riflessioni silenziose, nessuna

Parigi, attentato, bombe, morti, kamikaze. E poi Isis – che alcuni chiamano IS –, ma anche Siria e scellerato attacco della Francia. C’è chi condanna, chi discute, chi commenta; e chi ci farcisce con Moira Orfei perché la sua cofana era ridicola quasi quanto la evve moscia alla francese. Di parole chiave, o anche di hashtag, a contorno dei nuovi fatti di Parigi ne sono emerse forse fin troppe, tra chi prega e chi pensa, chi suona e chi condanna, chi marcia e chi fa marcia indietro; e poi, ancora, tra chi marcia sull’elettorato. Oriana Fallaci è tornata alla ribalta delle scritture come fu col suo bambino mai nato, tra chi le scrive lettere di un”amore improvviso da far scoppiare il cuore (in aria, letteralmente) e chi invece l’addita come nazista vestita di potere. In sintesi, questo è il Facebook del post attentato di Parigi.

No, proprio non siamo in grado di esprimerci con i nostri mezzi. E no, non è vero che chiunque è in grado di commentare quanto sta avvenendo, perché è vero che per la massa della gente comune l”informazione passa dal clamore. E di clamore, Parigi, ne sta scatenando tanto. In lotta per una posizione di potere a colpi di like fatti di dita, fatti di cuori, la guerra ad armi dispari di foto e post ha sopraffatto, ancora una volta, la nostra piccola stabilità comunicativa, combattuta tra chi cerca di cavalcare l”onda senza sapere di cosa parlare, ma parlando perché “la mia posizione, a prescindere, è migliore della tua”. E se tu hai la bandiera tricolore sulla foto allora vergogna, perché Parigi e l’occidente non valgono più di un albero libanese.

Parigi, più che un attentato è una lotta di bandiere

Ecco, la lotta di bandiera è la sintesi di quanto non abbiamo capito niente di come si usano i social, in queste circostanze ma non solo. Facciamo dell’opinione la nostra bandiera, e della bandiera la nostra moda del momento; che sia arcobaleno, tricolore o multiforme, in un mashup internazionale che tanto sta prendendo piede in questi giorni perché ehi, non credere che la gente sia morta solo lì. Un po’ la versione reloaded di #EiMarò, tanto dilagante da lasciare spazio a bufale da boccaloni puntualmente accreditate dall’indigno dell”attimo.

Parola su parola, frasi dette e contraddette ci hanno invasi trasformandoci in portatori di verità assoluta su quella politica estera imparata a memoria tra mozzichi e bocconi; ma non è colpa nostra, è solo che l’hashtag è andato in TT prima che io riuscissi ad informarmi. Potevo certo rimanere indietro?

Una bandiera, un’opinione. C’è chi strilla, chi commenta, chi risponde ai commenti e contraddice commenti. Nessun alito di emozione; davvero poche queste ultime. Come se una bandiera potesse dare più o meno ragione a me, o a te; o a me che contraddico te che ne hai messa una mentre io ho raggiunto il livello 4. E che dire di quello che ha vinto non mettendone nessuna? E così, tra un prega o pensa per Parigi in trend topic, quasi nessuno ha colto l”occasione per farlo. In poche parole, ci siamo lasciati sopraffare, ma non dai malviventi, no, dal nostro voler avere l”ultima parola. Quella giusta, anche dove il giusto non c’è.