Minestrone Sanremo 2015: Carlo Conti con la testa agli anni ’80 dimentica la contemporaneità

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Tra le tante notizie del giorno che affollano le pagine di Google News – pagine che noi, da bravi Google addicted, frequentiamo giornalmente – ce ne sono alcune che, delle volte, ti spingono a domandarti se davvero quelle “news” siano notizie nuove e fresche, e non dei malfatti copincolla di qualche dichiarazione ultra decennale. Facendo i giusti calcoli, qualcosa come i “Festival di Pippo Baudo” dovrebbero essere figli degli ormai andati anni ’60, quelli del famigerato boom economico per intenderci, quando il massimo della tecnologia per chi voleva godersi la televisione erano immagini in bianco e nero poco definite, talvolta allargate con delle finestrine-lenti d’ingrandimento che facevano diventare gli omini impostati della tv di allora in macchie informi degne delle orrende lavalamp tanto in voga negli anni ’70.

A scovare nel cilindro quel modo di fare Festival ci ha pensato proprio oggi il buon caro, ma a volte vecchio, Carlo Conti, il prezzemolino di Rai 1 a cui finalmente, dopo anni e anni di voci ed indiscrezioni mai andate a buon fine, è stato affidato il tanto agognato palco dell’Ariston di Sanremo, su cui riporterà il gusto degli eventi di Pippo Baudo che sul palco del festival non si vede dal 2008, quando chiuse in bruttezza con una dimenticabile edizione la sua lunga carriera da festivaliero.

Carlo Conti confida candidamente al Messagero quali e tali innovazioni svolazzano nella sua testolina ed in quella del folto gruppo gruppo di organizzatori della kermesse, dichiarando come non solo Pippo Baudo sia la musa ispiratrice da cui prendere l’esempio (e magari da invitare anche sul palco, cosa di per se non malvagia), ma addirittura si spinge oltre raccontando di come si stia andando alla ricerca di uno spettacolo che sappia (?) ritornare alle origini. Si, ma quali origini?

I Sanremo di oggi sono figli del rilancio che Pippo fece negli anni 80, quando costruì un evento televisivo attorno alla gara musicale. 

Ah ecco, ora è tutto più chiaro. Le origini non intese come una riesumazione di Nilla Pizzi – che tra l’altro sarebbe anche illegale -, ma un salto all’indietro di circa 30 anni (o forse poco più) per rispolverare quella contemporaneità sempre attuale tipica di Techetecheté. Il povero Conti ha aspettato così tanto per poter raggiungere il suo Sanremo che forse l’idea che ha in testa è maturata talmente tanti anni addietro da diventare obsoleta in una manciata di decenni. Ah, no, mi correggo. Ci sono i Dear Jack. Magari di fianco a Serena Autieri. Ed uno spazio aperto anche per Mal. E già che ci siamo ripeschiamo il simpaticissimo e modernissimo duopolio mora-bionda, quello poi di certo non può mancare. Ci costruiamo così il minestrone di cozze, asparagi, vongole e nutella ed ecco che il nuovo, grande ed innovativo Festival 2015 vede la luce e si lancia con orgoglio oltre i confini nazionali.

Se c’è una cosa dei Festival di Fazio a cui proprio non si doveva rinunciare era la contemporaneità di linguaggio e contenuti, certo con le dovute trasposizioni ed adattamenti, ma senza perdere di vista quello che è il nostro tempo, un tempo ben lontano dagli sbrillucianti anni ’80 con la famiglia riunita – e senza smartphone – intorno al focolare acceso. Un’altra cosa di cui non si dovrebbe fare a meno sarebbe l’organicità nella scelta dei brani, che non vuol dire far sposare a tutti i costi cariatidi degli anni ’20 con ragazzetti appena quindicenni, ma trovare una strada di linguaggio per una musica di qualità e dirigercisi contro, senza preoccuparsi di accontentare l’anziana signora col gatto sotto la tv richiamando poi a se i tanti giovanotti ingannati da qualche nomignolo moderno.

Eppure, la strada tracciata sembrerebbe ritornare ad un qualcosa che non c’è, e che difficilmente nel futuro ci sarà vista questa voglia di giocare a rendere un’antica kermesse una kermesse vecchia, vecchia nei modi, nei linguaggi, nella musica e nella comunicazione. Una bella conquista per le anziane seguaci di Rai 1; un ulteriore passo indietro per il futuro della manifestazione.