Ice Bucket Challenge: Rocco Hunt ed Emis Killa ostentano corposi bonifici. Generosità o voglia di apparire?

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Rocco Hunt ed Emis Killa

Ice bucket Challenge a suon di bonifici. Bye bye acqua ghiacciata?

Esattamente come successe ai tempi della sifda alcolica delle nek nomination, che lentamente si indirizzarono verso lidi letterari o fotografici, anche la moda dell’Ice Buchet Challenge si sta lentamente (ma neanche tanto) dirigendo verso le spiagge dell’ostentazione dei bonifici, mania alternativa al poco gradevole secchio da gettarsi addosso che fa soffrire di meno e accreditare di più. Ce ne sono alcuni tra i tanti vip coinvolti, come Noemi o Rita Dalla Chiesa, che, pudicamente, hanno saggiamente oscurato la cifra versata nelle casse della A.I.S.L.A. Onlus, mentre altri più sfacciati hanno orgogliosamente sbandierato ai follower il volume di prelievo dalla saccoccia. E Rocco Hunt la spunta con una cifra a 3 zeri. 

Eh già, mi rendo conto che, soprattutto in situazioni del genere, può sembrare un filino squallido mettersi li a fare i conti in casca alla gente che, generosamente, apre il portafogli in favore di cause umanitarie, ma a guardare gli screen postati non ho potuto fare a meno di notare questa cosa: Rocco Hunt è più ricco di Emiliano Rudolf Giambelli; che poi sarebbe Emis Killa. O sarà forse solo più generoso?

Ice Buchet Challenge per Emis Killa e Rocco Hunt: si guadagna bene a fare i rapper!

La sfida a colpi di bonifici appena iniziata ha fatto sfigurare il povero Emis Killa, che con tutta la buona volontà del caso è stato tra i primi a rifiutare il secchio d’acqua ghiacciata per mostrare orgogliosamente al mondo l’ammontare del versamento, che si attesta a ben 500€. Poche ore dopo però, via Facebook, l’altro giovane rapper Rocco Hunt ha sfoggiato l’orgogliosa cifra che doppia quella del collega Emis, facendo entrare nelle casse dell’A.I.S.L.A. ben 1000€ in un colpo solo. Al di là della nobilissima causa raccolta, la domanda che ha iniziato a frullarmi nella testa divaga rispetto al motivo dei versamenti, e si sofferma non volendo su di un altro aspetto che per altro non dovrebbe nemmeno riguardarmi: Si guadagna bene a fare i rapper?

Alla faccia dei borderline, i rapper della nuova generazione pop sembrano essere delle perfette macchine da soldi con la loro musica da strada in continua rotazione nelle radio, e a dimostrarlo non sono i due bonifici sopracitati, i quali non fanno null’altro che confermare un’impressione già diffusa. Foto nelle piscine con tutti i comfort del caso o al mare in posti da sogno sono solo alcuni dei segnali che hanno fatto intendere come qualcosa nel genere rap negli ultimi tempi sia cambiato, come se l’attenzione ai problemi comuni della vita quotidiana, ma anche della società, abbia improvvisamente smesso di interessare in prima persona questo genere di interpreti, per diventare meri stratagemmi riempi portafogli che null’altro fanno se non aiutare ad incrementare la popolarità del rapper di turno.

Bonifici al vento per l’ice bucket challenge: odore di insano egosimo dietro l’ostentazione

Nell’immaginario collettivo, il ruolo del rapper continua ad essere associato a quel genere di persona che si avvicina per altruismo alle problematiche legate al viver comune, acquisendo dentro di se un continuo arricchimento personale senza badare all’accumulo materiale, generalmente messo in secondo piano rispetto alla loro missione sociale. Eppure, senza nulla voler togliere ai due rapper citati i quali avranno agito senza dubbio in buona fede, l’impressione che i nuovi rappresentati di questo genere continuano a dare è quella di una continua voglia di apparire per accumulare fama, e di conseguenza denaro, anche strumentalizzando la base della loro missione sociale che comincia, e finisce, con dei brani spesso ruffiani in cui si parla per luoghi comuni di quotidianità e ci si concerta spesso nel lanciare superflui attacchi personali. Il tutto perdendo di vista l’attenzione al sociale che li ha fatti scoppiare in termini di diffusione e credibilità.

Nonostante il rispondere ad una sfida virale di tale portata attraverso l’esibizione di una ricevuta possa apparire come una mossa altruistica e sensibilizzante, l’impressione amara che lascia tale esternazione è quella di una voglia di mettersi al centro per apparire lucidi e brillanti agli occhi della gente, come se ci si volesse continuamente sentir dire “Che grande quello li, è uno da cui prendere l’esempio“. Certo, se i tanti follower dei due prendessero l’esempio non sarebbe di certo un male, anche se solo in pochi potrebbero permettersi di donare cifre di tale portata, ma quel retrogusto che sa di voglia di mettersi al centro dell’attenzione proprio non riesce a convincermi; è bello adoperarsi per fomentare una campagna umanitaria, è invece molto meno bello ostentare ad una grande platea il volume della propria generosità, che si tramuta in egoismo e finisce per mettere al centro il soggetto lasciando nell’ombra la missione abbracciata. Il vanto dovrebbe essere nel gesto del donare, non nell’ostentazione della cifra.

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