I #Disadattati verso il Festival di Sanremo – ULTIMO SCATTO PER IL GRAN FINALE

Un biglietto. Tante storie per uno stramaledetto biglietto per vedere uno spettacolo di cui, francamente, inizia ad importarci ben poco. Perché ormai è una questione d’orgoglio per noi #Disadattati, quella finale del Festival di Sanremo 2016 deve essere nostra anche a costo di rimetterci la vita. No va bé, al massimo la giacca di pelle.

Cosa, giacca di pelle? E da quando il mio amico #Disadattato spela animali per coprirsi le spalle? Brutto figlio di… Non merita la morte solo perché ”O Bajardese aka Maurizio Costanzo ci ha messo gli occhi sopra. Alla faccia dello sconto, ci frega pure quella! Poco male, un problema etico in meno di cui preoccuparmi. Era questo che intendeva per “beli dobete cuadagnare”? Forse sì? Forse no? Continua a sogghignare ma non parla!Poberilluti, credebate che mi poccatti le mani pendendolimmano? Cacacacaca!. Tutto questo è assurdo. Insomma, cos’altro ancora dobbiamo fare per conquistarci questi ignobili biglietti!? Sul perché rida invocando la cacca, poi, non ci interroghiamo, abbiamo seriamente paura della risposta.

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I #Disadattati verso il Festival di Sanremo: ancora uno sforzo…

Apre il cassetto, estrae un biglietto, ma non è il nostro biglietto. Ci sono segni, ancora un QR code, e uno scarabocchio che lui spaccia per firma. Tonnate abbotteghino dobani, lei tapà cota dopete pale. Anche le pale? Ci metteranno mica a spalare il letame? Troppe domande per una sola giornata, la fatica si fa sentire, e una notte passata senza sonno inizia da noi a pretendere lo scotto. Fuggiamo via dalla sala eccitati e confusi, torniamo in stazione, questa volta una sana dormita dalla zia di Pigna non ce la toglie nessuno. Buonanotte.

Buonanotte col cacchio. La cara zietta di Pigna non vuole mica darci un letto di pomeriggio, ma anzi addirittura vuole una mano nelle faccende domestiche. Per chi ci ha presi, per ‘Ndrama Corta? Bah, le diamo questa mano, ci cibiamo di panini e scappiamo veramente verso il letto; un singolo per due, sempre meglio di una panchina. Buonanotte, ora davvero.

Drin Drin! Il botteghino ci aspetta

Levataccia di buon ora, il botteghino ci aspetta. Dritti filati verso la stazione senza nemmeno fare colazione, direzione Sanremo, poi di corsa verso l”Ariston. Niente fila stamattina, la signora della cassa ci riconosce, ammicca ancora, credo sia un tic. Occhiolino, si nasconde, rispunta, scuote il capo invitandoci a seguirla. Gente strana in questi teatri.

Scendiamo giù da una scala, tutto è buio e puzza di muffa, i gradini si aprono ad un lungo e tetro corridoio che fa capolino ad una porta. Lei la apre, noi tremiamo, temiamo che Carlo Conti possa spuntare da dietro all’accendersi della luce. La luce si accende, gridolino di paura… Oh, solo un cumulo di ferraglia.

La signora della casa continua ad ammiccare, si fa seria, pretende i documenti. Glieli diamo. Sparisce sopra uno scannetto per mezz’ora circa, vorremmo chiederle qualcosa ma non osiamo nemmeno. Attendiamo. Attendiamo. Attendiamo. Si alza di botto con un biglietto in mano: che sia il primo dei nostri?

Ahhh ma allora è una congiura! Il collo, glielo staccheremmo volentieri in questo istante, ma dobbiamo mantenere la calma se vogliamo vincere la finale del Festival di Sanremo 2016. Scan al QR, è lo stesso biglietto di prima, appare un indirizzo: 45/47/49, C. Matteotti. Furtivamente ci manda via, siamo in preda al panico, non conosciamo le strade di Sanremo e questo indirizzo sembra scritto con i piedi. Blocchiamo gente, tropi vecchietti, un vigile urbano ci indica la via. È fatta! Non sappiamo cosa, ma qualunque cosa sia la stiamo raggiungendo!

Sottoscala andata e ritorno: quel nasone, quel nasone lo conosco!

Un due, un due, bella corsetta fino alla vetrina! Prima di entrare vediamo un grosso naso, apriamo la porta, ci avviciniamo… Nicola Savino? C’è Nicola Savino dietro tutto questo? Ci guarda con gli occhi di un cane bastonato, un commesso ci allontana da lui e ci spinge verso un scaffale. Forse anche lui è vittima come noi? Due buste, una per ognuno, il commesso ci fa segno di pagare. 400€ tutto compreso, sembrano abiti contraffatti, intuiamo che se non li portiamo con noi possiamo dire addio per sempre ai biglietti. Diamo fondo al ricavato delle offerte trafugate, siamo in rosso, ma torniamo di corsa nello sporco sottoscala dell’Ariston prima che sia tropo tardi.

Siamo arrivati, scendiamo, bussiamo. Spia. Ci apre, è ancora lei. La donna ammicca, controlla le buste ma le lascia a noi, continua a fare segni comprensibili quanto la dizione di Maurizio Costanzo. Sparisce ancora qualche minuto, ritorna: questa volta ha in mano i veri biglietti della finale del Festival di Sanremo 2016. Che ‘O Bajardese sia lodato! Sembrava impossibile, ma ce l”abbiamo fatta. Certo che Nicola Savino, lì, con quella faccione così triste…

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