Canone Rai 2015: cambia la comunicazione. Meno satrapi in Rai?

Ben tornato Canone Rai! Ma in questo 2015 sembri diverso…

canone-rai-2015
Canone Rai 2015

Happy New Year con il canone Rai! Non c’è inizio d’anno che si rispetti se questo non è accompagnato dall’arrivo degli spot che ricordano alla gente di mettere mano alla tasca e pagare quei soldini necessari a guardare la televisione, la tassa più odiata (ed evasa) d’Italia che “Anche quest’anno si paga con il bollettino”. A nulla sono servite le chiacchiere degli ultimi mesi che proponevano di unire – e contestualmente diminuire – l’importo della tassa a qualche utenza domestica, su tutte la spuntava la bolletta dell’energia elettrica, perché anche quest’anno nulla è cambiato. Nemmeno l’importo. Ma c’è invece qualcosa che, nel silenzio generale, è davvero cambiato…

No, non è il tasso di evasione, quello resta sempre abbastanza alto perché solo a pochi è stato fornito il dono di capire a cosa davvero serva quell’apparentemente inutile versamento annuale. Ciò che è cambiato riguarda il modo di proporsi al pubblico, non più disgregato e senza senso come capitato un anno fa, né tanto meno con atteggiamento da satrapo come quello sbandierato gli anni addietro, dove in sostanza all’utenza veniva detto: Che ti piaccia o no, devi pagare. E se non ti piace, devi fartelo piacere. Quest’anno, per proporre all’utenza il pagamento del canone Rai, gli esperti marketing della tv di Stato hanno finalmente risposto all’unica domanda che mancava: Perché mai dovrei pagare?

Che l’umiltà abbia travolto anche il canone Rai 2015?

In effetti mi chiedevo perché mai nessuno tra le teste militanti in Rai avesse mai pensato di dare l’unica risposta che il pubblico si aspetta quando crei una domanda che non esisterebbe se non esistessi tu. È la base del marketing quella di creare un problema dove non esiste e dare risposta con il prodotto che si vuole piazzare, politica questa mai perseguita – almeno recentemente – negli spot del canone Rai, spesso concepiti senza né capo né coda che nulla avevano a che fare con il prodotto Rai. Quest’anno, finalmente, si è messa al centro dell’attenzione la grande produzione che le 14 reti di Stato offrono agli spettatori, non sempre sfruttata nel pieno delle potenzialità visto l’espediente “generalista” che spesso viene tradotto in “accozzaglia a casaccio”, ma che comunque contiene al suo interno ottime teste di diamante capaci di colpire nel segno.

Insomma, perché dovrei pagare il canone Rai se non ho idea di cosa viene messo sulla piazza? Bene, i nuovi spot finalmente lo descrivono, forse in maniera grossolana e poco definita, ma comunque permettono all’utente di avere una vaga idea di dove vadano a finire quei soldi apparentemente persi che annualmente sembrano finire nella tazza del gabinetto. Finalmente la Rai sembra essersi messa in testa che non è più un monopolio, che non può e non deve pretendere di essere leader ma piuttosto proporsi come valida creatrice di contenuti quale è, ma come quasi mai appare. Sicuramente tutto questo non servirà a convincere la gente ad affezionarsi al servizio di Stato, per quello ci vuole tempo, pazienza, e buona comunicazione, ma se si perseguisse questa strada anche in futuro, forse, una giusta proposizione potrebbe rivelarsi il vero aiuto per risollevare le casse di Stato.

Possibile che Sky con 19€ al mese riesca a creare oro e brillanti mentre la Rai non sia in grado di produrre (almeno) bronzo con quei 113,50€ che annualmente arrivano dal canone?

Follow me: FacebookTwitter