Lunedì scemo + Pasquetta = Un martedì in tragedia. Uno scemodì

Lunedì, pasquetta, ora legale: che combo questa settimana! Già me li vedo, tutti lì, quegli instancabili lavoratori adoranti della propria posizione sociale, a bramare quel martedì nero di là in avvicinamento, che arriverà per giunta con un’ora di anticipo. Dopo pasquetta. Dopo Pasqua. Dopo il sabato. Dopo il venerdì. È finita la cuccagna, baby.

Se poteva esserci un lunedì in cui lamentarsi sarebbe stato inopportuno, questo era proprio il lunedì di oggi, rallegrato dai pic-nic all’aria aperta con i parenti, i bambini urlanti, le mangiate post mangiata di Pasqua, la suocera, i nipoti, gli zii e le loro domande invadenti… Niente, pure questo lunedì deve essere rovinato. E non tanto per l”urina del cane che casualmente finisce sulla teglia di pasta al forno avanzata il giorno prima (o per le pallonate in faccia dei cinquantenni ringalluzziti dalla crisi di mezza età), ma per l’ansia di veder finita questa giornata di relax, che tutto fa tranne che farti rilassare.

Carica la macchina, metti la borsa, chiama la zia, avvisa l”amico, sveglia il parente, lava il bambino, lavati tu che sennò puzzi, ma lavati pure i vestiti che sennò puzzi uguale (il deodorante non vale). Quanto più c’è aria di vacanza, tanto più abbiamo questo insopportabile da fare che dovrebbe servire a farci godere meglio la giornata, ma che poi ce la ingorga a tal punto che manco più ci ricordiamo perché parlavamo di festa. E addio pasquetta.

Vogliamo parlare poi di questa storia dell’ora legale che, guarda caso, capita proprio nel momento meno opportuno dell”anno, accavallandosi al weekend infinito di Pasqua e pasquetta? Cioè, praticamente, non solo accorcia di un’ora intera il nostro lungo momento di immaginario relax, ma addirittura lo fa prima del martedì nero dell”anno, proprio quello dove la voglia di svegliarsi la mattina raggiunge il livello “Sparati”, con buona pace del turuturututtu.

In pasquetta vige la libertà del perder tempo.
O quasi

La Pasqua, di grazia, con annesso lunedì strano che alcuni chiamano pasquetta, potreste non farcela più coincidere con “L”unica cosa legale rimasta in Italia” (ha ha ha risate a scroscio)?

Un’ora, e dico un’ora in meno, per preparasi all’ansia del martedì di Pasqua, quello dove si recuperano gli affanni di queste feste troppo brevi per essere smaltite; roba che sposta lo scettro dello scemodì – un lunedì scemo addirittura al giorno dopo. Al martedì. Quel giorno che mai nessuno, né su Facebook né su Twitter, aveva voglia di filarsi. E niente, ci tocca lamentarci con un giorno di ritardo ma un’ora in anticipo, roba da far trapanare il cervello ad Aristide Malnati e tutta la combriccola degli egizi.

Ahhh, questa fretta… Il peccato originale delle vacanze. Che arrivano, poi passano e se ne vanno senza salutare, e che ci costringono a ore e ore di sessioni di cucina, mangiata, scelta dei regali e mangiata dei regali – perché mica ti portano l’anello, una colomba morta è anche troppo. Cucina, pulisci, rassetta, è tardi, il bimbo, la mamma, la zia, la nonna… Una fatica, altro che pasquetta.

Ma quanta fretta, ma dove corri, ma dove vai!

Pensaci un attimo: perché per una volta non te la prendi con calma, col sorriso, mandando in mona ogni pic-nic sull’asfalto bruciato dello squattrinato vicino di casa, e dedicandoti a sessioni infinite di Netflix, come un perfetto sociopatico? Alla fine è solo risorto Jesoo, ma tipo quasi 2000 anni fa, e a te stai sicuro che non capita.

Nel cuor tuo, in fondo, tanto lo sai già che domani, martedì dopo pasquetta, sarà il prefetto giorno di melma degno della matita di un fumettista; fatto di sonno, delirio, e sbronza dei colleghi perché tu, illibato, non leccheresti nemmeno un Bellini dalla ciotola del cane. Ma per fortuna, oggi, siamo ancora ad oggi: consolati perché questo scemodì, per una volta, non sarà di lunedì. Odia te stesso come bene sai fare (oppure odia me insultandomi sul Facebook, per strada, o sul Twitter), ma lascia stare questo lunedì. Al prossimo, giuro che ritorno con un nuovo scemodì. Sempre qui. Per sempre.